Il 14 settembre 1980 i calciatori stranieri tornavano a calcare i campi di calcio italiano, dopo un embargo durato quattordici lunghi anni. Nessuna questione politica, soltanto una decisione presa dalla Federcalcio all’indomani dell’eliminazione dell’Italia dal Mondiale inglese del 1966 per mano di Pak Doo Ik, inaspettato goleador. Il sicario di Middlesbrough - oltre a far scorrere i titoli di coda sul torneo dell’Italia - chiuse a doppia mandata le frontiere.

Da quel momento, la Figc approvò il veto di tesserare calciatori provenienti da altre federazioni, mentre quelli che già partecipavano al campionato ebbero la possibilità di restare; l’ultimo ad arrendersi fu il gringo Sergio Clerici che disputò il suo ultimo campionato nella Lazio allenata da Luis Vinicio: correva l’anno 1978, undici presenze e un solo gol - decisivo - contro l’Inter, realizzato nei minuti finali, dopo una sfida giocata sotto una pioggia torrenziale.

Era arrivato agli albori degli anni sessanta, rimase in Italia diciotto anni cambiando sette squadre; Lecco, Atalanta, Verona, Fiorentina, Napoli, Bologna e Lazio.
Il club biancoceleste - quando riaprirono le frontiere - si mosse per tempo, acquistando dal PSV Eindhoven l’olandese Renè Van de Kerkhof; il ds laziale Luciano Moggi concluse tempestivamente la trattativa per il centrocampista che tuttavia non ebbe mai modo di giocare un solo minuto: una sentenza della Caf condannò Lazio e Milan in Serie B.

Fu così che il primo straniero a sbarcare sul patrio suolo fu il difensore olandese Michel Van de Korput, tesserato dal Torino. L’accoglienza non è delle migliori, un quotidiano ironizza sul nome del giocatore etichettandolo come un efficace lassativo: ironia da anni ’80, c’è poco da ridere.
Via via, gran parte dei club di Serie A portarono a casa il loro acquisto forestiero: alla fine, arrivarono più bidoni che campioni.

Cinque squadre rinunciarono alla possibilità di acquistare un calciatore straniero: Cagliari, Catanzaro, Ascoli, Como e Brescia rimasero con una rosa al 100% Made in Italy.

Al termine del mercato arrivano undici giocatori dalle federazioni straniere: Brady (Juventus), Falcao (Roma), Kroll (Napoli), Prohaska (Inter), Bertoni (Fiorentina), Eneas (Bologna), Van de Korput (Torino), Juary (Avellino), Neumann (Udinese), Fortunato (Perugia), Luis Silvio Danuello (Pistoiese).

Grande curiosità animò l’esordio dei nuovi volti: l’irlandese Brady, il brasiliano Falcao, l’argentino Bertoni e l’olandese Kroll mostrarono immediatamente il loro valore, altri impiegarono più tempo. Altri ancora - con il passare dei mesi - si rivelarono dei veri e propri brocchi, partiamo raccontando le imprese, rectius, le non imprese di:

Luis Silvio Danuello

La neo promossa Pistoiese decise di volare fino in Brasile per scegliere il proprio gioiello. La storia potrebbe somigliare molto alla sceneggiatura del film “L’allenatore nel pallone”, soltanto che qui manca il lieto fine con la salvezza ottenuta in extremis. 

La Pistoiese vola in Brasile per acquistare un bomber, una punta in grado di fare la differenza. Ma alla fine arriva una ponta, un’ala destra. L’equivoco generato dall’assonanza è fatale, la Pistoiese acquista Luis Silvio Danuello per 170 milioni di vecchie lire. In pochi mesi, si svela l’equivoco, il brasiliano gioca appena sei partite, poi - inevitabilmente - finisce in tribuna; notte tempo, scappa da Pistoia e prende il primo volo per il Brasile, con biglietto isola andata.

Luis Silvio Danuello è diventato - nel corso degli anni - una sorta di leggenda; molte storie sono state inventate sul suo conto: da gelataio a pornodivo, da pizzaiolo a rivenditore di ricambi per macchine. La cosa certa è che sia diventato - anno dopo anno - un vero e proprio monumento al “bidone”. La Pistoiese allenata da Lido Vieri, con Marcello Lippi e Mario Frustalupi agli sgoccioli delle rispettive carriere, retrocede mestamente conquistando la miseria di sedici punti.

 

Sergio Elio Angel Fortunato

In quell’estate non andò meglio al Perugia, privato di Paolo Rossi e penalizzato di 5 punti per le vicende relative al Calcioscommesse. Il direttore sportivo Ramaccioni vola in Argentina per acquistare dall’Estudiantes Sergio Elio Angel Fortunato. La sua patente di bomber è buona; nel Racing Club segna 20 gol in 46 partite, 56 gol in 100 partite all’Estudiantes, 23 gol in 55 presenze con il Quilmes. Sulla panchina c’è Renzo Ulivieri, esordiente in Serie A, e forse è questa la decisione più sciagurata della società che affida la squadra a mani inesperte.

A metà del campionato Ulivieri viene esonerato, ma neanche il cambio alla guida tecnica rinvigorisce l’artillero sudamericano che nel contempo è finito in panchina. Alla fine realizza soltanto due gol nelle dodici apparizioni in cui scende in campo. Sergio Fortunato entra in scena quando il Perugia è già condannato: si toglie lo sfizio di segnare a San Siro contro l’Inter alla penultima giornata e va a bersaglio nell’atto conclusivo del torneo firmando una delle poche vittorie della stagione contro il Torino. Poi saluta, e se ne va.

Herbert Neumann

A completare il podio dei bidoni d’oltre confine, non può mancare il tedesco Herbert Neumann che dopo aver fallito a Udine, pensò bene di replicare le proprie nefaste prestazioni anche al Bologna. In verità, la cosa più apprezzata di Neumann era l’avvenenza della moglie, bellezza portoghese degna di Cristiano Ronaldo.

Se ne accorse subito il direttore generale dei friulani Dal Cin quando volò in Germania per chiudere il contratto, se ne accorsero i compagni quando il tedesco arrivò a Udine con famiglia al seguito. Il centrocampista segna un solo gol, decidendo lo scontro diretto contro la Pistoiese.

A fine stagione, dopo 25 presenze e una sola rete, va a Bologna. Anche qui, il tedesco non riesce a marcare la differenza: venti presenze e un solo gol, all’Udinese, che aveva avuto il demerito di portarlo in Italia. Se ne va dopo due stagioni vissute in campo quasi nell’anonimato.

Per le scommesse serie A , il Bologna si gioca @2.40 nello speciale testa a testa contro il Sassuolo!

Torna al Colonia, va in Grecia all’Olympiakos e chiude in Svizzera, nel Chiasso. In Nazionale, una sola presenza, contro l’Inghilterra. E’ una storia che potrà raccontare ai nipoti, omettendo quel suo deludente viaggio in Italia.
(fine prima parte)

*L'immagine di apertura è di AP Photo.

Giornalista, scrittore, innamorato di futbol. Scrive per trasmettere emozioni e alimentare sogni. Il calcio è una scienza imperfetta: è arte, è musica, è poesia. E' un viaggio nel tempo che ci fa tornare bambini ogni qual volta diamo un calcio a un pallone.