“Non siamo il cimitero degli elefanti” fu la battuta che a fine 2014 filtrò dalle segrete stanze di Trigoria per allontanare la suggestione di un clamoroso ingaggio di Zlatan Ibrahimovic da parte della Roma nel successivo mercato invernale. Il club giallorosso ai tempi ragionava solo in termini di giocatori dalla busta paga leggera, non troppo anziani, da valorizzare e monetizzare.

E per di più annoverava già nelle proprie fila un attaccante, avviato – secondo una valutazione aziendale non proprio romantica - verso il tramonto calcistico: Francesco Totti

Pensionati d'oro

Per la cronaca lo storico capitano smise tre anni dopo fra singhiozzi e lucciconi, con in testa il pensiero, mai nascosto, di poter ancora dire la sua nonostante i 40 anni suonati. E come dargli torto. Una Serie A in piena crisi tecnica ed economica oggi rifulge solo delle giocate di nomi altisonanti a un passo dalla pensione che solo una manciata di stagioni fa avrebbero concluso le proprie attività a suon di milioni in compagini dei “campionati in via di sviluppo” di Stati Uniti, Medio ed estremo Oriente.

Gli esempi sono quelli dello stesso Ibrahimovic (39 anni), di Frank Ribery (37) e del rientrato Gianluigi Buffon (42). Ma, estendendo a profili più giovani, anche di Pedro (33), venuto a Roma – citando le parole dell’Ad giallorosso Guido Fienga – per “dare alla squadra uno spirito vincente”. 

Strategie a perdere

Dove non arrivano le esigenze economiche, di un marketing stile figurine Panini e di botteghino (quando si potrà) dei club ci pensa la naturale idiosincrasia per le scelte progettuali di allenatori come Antonio Conte, che nell’ossessione di costruire un istant team pronto a cucirsi subito lo scudetto sul petto si affida all’esperienza di Ashley Young (35) e Alexander Kolarov (34). Per non parlare della telenovela Dzeko (34), inossidabile bomber che Andrea Pirlo avrebbe voluto come partner di Cristiano Ronaldo.

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Lo stesso asso portoghese (35) può essere considerato uno dei simboli del cambio di paradigma che allontana la serie A dalle più importanti leghe europee e la avvicina a quelle esotiche e nordamericane. Fuori dal progetto del Real Madrid, per motivi anagrafici e d’ingaggio, il tre volte Pallone d’oro si è accasato alla Juventus nel 2018 spuntando uno stipendio da 31 milioni l’anno. Un azzardo finanziario che provocò la rottura fra Andrea Agnelli e l’allora Ad bianconero Beppe Marotta, di tutt’altro avviso circa la strada da seguire per arrivare alla Champions.  

Anni d'oro

Il campionato italiano che oggi cerca di uscire dalla crisi di appeal internazionale affidandosi ai “grandi vecchi” del calcio mondiale è lo stesso che, nei suoi anni d’oro (in particolare '90 e 2000) se ne liberava per fare spazio ai maggiori talenti che il calcio producesse. Parliamo di un sistema che riusciva ad assicurarsi assoluti crack come Ronaldo “il fenomeno” a 21 anni, Andriy Shevchenko a 23, Gabriel Omar Batistuta a 22, Hernan Crespo a 21.

Il caso emblematico è, però, quello di Zinedine Zidane. Arrivato alla Juve dal Bordeaux a 24 anni per 7,5 miliardi di vecchie lire, dopo due scudetti, una supercoppa italiana, 212 presente e 31 reti fu ceduto al Real Madrid a 29 per la cifra record di 150 miliardi. Incasso con cui la società di Torino riuscì a porre le basi di un mercato straordinario: Buffon (23 anni, 105 miliardi), Lilian Thuram (29, 70 miliardi), Pavel Nedved (stessa età e prezzo di Thuram) e Marcelo Salas (27 anni, 25 miliardi). E via con un nuovo ciclo.  

La Premier italiana

Come non ricordare, poi, la lunga fase che vide grandi illustri rappresentanti del calcio italiano uscire dai confini nazionali per trasformarsi in autentici protagonisti in Premier League fra il 1996 e il 1997? Si può dire che la parabola del Chelsea, prima dell’arrivo di Abramovich, sia cominciata con i gol di Gianluca Vialli (arrivato a 32 anni), le geometrie di Roberto Di Matteo (26) e le giocate Gianfranco Zola (30).

Quest’ultimo, fra l’altro, dopo 59 reti in 229 partite è tuttora considerato uno dei più grandi giocatori della storia dei Blues. E poi ancora Fabrizio Ravanelli (17 gol in 37 gare nel Middlesbrough) dove giunse a 28 anni, dopo essere stato primo marcatore della finale di Roma per le scommesse Champions . Ancora, Paolo Di Canio (fra i simboli del West Ham) e Marco Negri, nel 1998 diventato capocannoniere della Scottish premier division (32 reti) con i Glasgow Rangers. 

*Il testo dell'articolo è di Luca La Mantia; la foto di Darko Vojinovic (AP Photo).

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