C'è una chiave di lettura alternativa per rendere il giusto omaggio alla carriera di Gianluigi Lentini: raccontarla al contrario. Un ragazzo tanto introverso quanto leader. Due facce della stessa medaglia in un solo calciatore, un solo uomo.

Gianluigi nasce a Cermagnola dove inizia a giocare a calcio proprio nella squadra della sua città e vende miele per guadagnarsi da vivere. Ma il suo vero lavoro deve e sarà un altro: tirare calci a un pallone, insieme ad altri 10 compagni e 11 avversari. 

Inizia la gavetta praticamente in tutte le serie minori: gol importanti, salvezza e promozioni, a volte anche retrocessione nei più disparati campetti di provincia del nord. Nel mezzo anche un incidente in motorino mentre si stava recando al campo di allenamento. Un infortunio che lo terrà fuori per qualche mese.

Quello dei dilettanti è un mondo che non si presta a Gianluigi che viene notato dal Cosenza e per lui arriva la Serie B e quindi i professionisti. Un'esperienza che non durerà a lungo a causa della retrocessione di ufficio in Serie D, nonostante la massima serie sfiorata alla prima stagione con i calabresi. 

Decide comunque di restare al Cosenza e fare il capitano, ancora una volta tra i dilettanti. Il karma sarà benevolo per Lentini e l'affetto ai calabresi sarà ripagato con la chiamata del Torino prima, e dell'Atalanta poi.

Qui Lentini dà il meglio di sé da calciatore tanto da meritarsi la clamorosa chiamata di uno dei migliori Milan con Fabio Capello in panchina. Il suo trasferimento ad una cifra record, oltre che giudicata spropositata per l'epoca, diventerà una caso da tribunale, il celebre "Processo Lentini". 

Al Milan però non comincia bene e Capello preferisce tenerlo in panchina in occasioni importanti come la finale di Champions League contro l'Ajax. Assisterà da spettatore anche alla finale vinta a sorpresa per lescommesse Champions League 4 a 0 contro il Barcellona. Al mister friulano proprio non va giù il suo stile di vita mondano. 

Un mondo capovolto

Proprio ora succede l'assurdo. Nella notte del 2 agosto 1993, al rientro dal torneo organizzato per il centenario del Genoa, è coinvolto in un grave incidente automobilistico lungo l'Autostrada Torino - Piacenza: lo schianto avviene perché, dopo aver sostituito una gomma forata con il "ruotino", Lentini accelera in maniera eccessiva e perde il controllo dell'auto schiantandosi a 200 all'ora.

Gianluigi si salva miracolosamente dopo due giorni di coma, ma avendo picchiato la testa in maniera violenza subisce conseguenze a livello neurologico. Da qui in avanti una lunga convalescenza che lo porterà a un lungo stop dal campo. Un periodo di riflessione e di allenamento alternativo che lo trasformerà nella versione migliore di sé stesso.

Al fatidico ritorno in campo Lentini è diverso. 

Torna titolare al Milan e realizza 7 gol in 30 partite, tra i quali spicca una bellissima rovesciata contro il Pescara. Questa volta risulta titolare nell'ennesima finale di Champions League del Milan, persa, stavolta da favoriti per le scommesse online, però contro il Marsiglia. Lentini fa un passo indietro, compie un'altra scelta d'amore e torna al Torino.

Di nuovo granata e con la mano dell'allenatore Emiliano Mondonico riusciamo ad assistere al Torino più brillante degli ultimi 20 anni. Quinto posto al primo anno, terzo l'anno successivo. I granata brillano in Europa: vincono la Mitropa Cup e si arrendono solo in finale in Coppa UEFA all'Ajax. Lentini in questa squadra è protagonista e leader. Sarà fondamentale, finalmente ha trovato il suo posto nel mondo e un finale di carriera sereno.

Gli ultimissimi anni Lentini andrà nelle Marche per vestire la maglia dell'Ancora. Infine torna nella sua Carmagnola dove riprenderà l'attività lasciata in partenza: la vendita del miele.

Sì perché la carriera di Gianluigi Lentini avrebbe meritato sicuramente più dolcezza. Una storia molto controversa e affascinante, parola di chi di numeri 8 se ne intende. Ah, adesso che siete arrivati alla fine, ovviamente, rileggetela partendo dalla fine, è quella la vera storia di Lentini.

*Il testo dell'articolo è di Luigi Di Maso, responsabile editoriale di Social Media Soccer.

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