A livello mediatico, il mondo delle competizioni automobilistiche è dominato dalla Formula 1, ma guai a dimenticare il campionato più amato dagli statunitensi, ovvero la NASCAR Cup Series.

La NASCAR (che sta per National Association for Stock Car Auto Racing) organizza diverse competizioni, ma nulla attrae gli appassionati e anche il grande pubblico come la Cup Series che, seppure con diversi nomi, è arrivata alla sua edizione numero 75.

Nonostante ci siano diverse categorie, sia nazionali che internazionali, la Cup Series è certamente la più importante, al punto che spesso, parlando di NASCAR, si intende non tanto l’associazione, quanto il suo campionato di punta.

Le fasi della NASCAR Cup Series

Il concetto di stage all'interno delle gare NASCAR

Quanto dura una corsa NASCAR

La borsa per il vincitore

I ricavi delle scuderie NASCAR

Differenze tra NASCAR e F1

Clark, Raikkonen e gli altri piloti protagonisti

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Le fasi della NASCAR Cup Series

Ma come funziona la NASCAR Cup Series? Si tratta di una serie di 36 gare che si svolgono in 10 mesi, 26 delle quali sono quelle che compongono la regular season e le ultime 10 che si svolgono con una forma molto simile a quella dei playoff degli altri sport made in USA.

Alla fase finale arrivano 16 piloti, con precedenza a chi ha ottenuto almeno una vittoria nella stagione regolare e con gli altri posti che vengono decisi dalla classifica a punti.

La scrematura poi avviene in tre turni, che vengono definiti “Round of 16”, “Round of 12”, “Round of 8” e “Championship of 4”. Come si evince dai nomi, alla fine di ogni turno intermedio (composto da tre gare) vengono eliminati 4 piloti.

Una corsa Nascar

Come sempre, chi vince almeno una gara avanza, anche per le scommesse, automaticamente al turno successivo, mentre gli altri possono sperare di entrare attraverso i punti conquistati.

L’unica gara unica è la finalissima, in cui gli ultimi quattro rimasti in gara nel campionato si giocano i punti necessari per la vittoria nella classifica generale, mentre gli altri piloti sperano comunque di conquistare un trionfo che fa curriculum o di influenzare con le loro prestazioni il risultato finale.

Il concetto di stage all'interno delle gare NASCAR

La struttura dei punti è comunque diversa da quella a cui gli appassionati sono abituati per esempio nel campionato di F1.

Le gare sono infatti suddivise in tre parti, denominate “stage”, con ognuna che assegna un determinato numero di punti per la classifica generale. I primi due stage compongono entrambi un quarto della lunghezza della gara, mentre lo stage finale prende tutta la seconda metà.

Per esempio, guidando la gara nel primo quarto ma terminando tra gli ultimi alla bandiera a scacchi si ottengono comunque punti. La fine di ogni stage viene indicata da una bandiera a scacchi, che a differenza di quella di fine competizione è bianca e verde.

Negli stage i punti vengono assegnati solo ai primi dieci piloti, mentre al termine della gara ci sono punti per tutti quanti.

Quanto dura una corsa NASCAR

La durata media di una gara è di circa tre ore, ma in realtà non c’è una tempistica ben definita, perchè molto dipende dalla tipologia di circuito in cui si corre e dalla lunghezze prestabilita della gara. Una delle particolarità della NASCAR è infatti l’assenza di una distanza minima o massima da percorrere (come avviene invece in Formula 1).

L'unicità delle macchine NASCAR!

Dunque può succedere che negli ovali, dove si va più veloce, le gare possano durare di meno rispetto a quelle che si svolgono su strada. E ci sono casi su strada in cui quando il tracciato obbliga i piloti ad andare più lenti, si percorrono molte meno miglia delle 500 che sono la distanza più classica della categoria.

La media distanza percorsa nelle gare del campionato è di 400 miglia, considerando che alcune gare raggiungono anche le 600 mentre altre superano di poco le 200. Anche gli ovali stessi hanno le loro differenze, perchè ci sono diverse dimensioni della pista, con quelle più “lunghe” che sono quelle che superano le due miglia.

Su questa tipologia di circuito le macchine vanno a oltre 200 miglia all’ora (320 km/h), il che porta la durata dei giri a essere molto breve, come quello del Martinsville Speedway, lungo poco più di mezzo miglio, che in prova viene completato in meno di venti secondi.

La borsa per il vincitore

mpossibile comunque negare che la NASCAR sia un campionato ricco. Ogni gara ha infatti quella che viene definita “la borsa”, ovvero un suo montepremi. Tanto per fare qualche esempio, la chiusura della Cup Series 2022 a Phoenix valeva un totale di 10 milioni di dollari, mentre al vincitore della Daytona 500, che ha il montepremi più alto di tutti, vanno oltre 1,5 milioni. 

Per correttezza informativa, precisiamo che in realtà i premi della “borsa” vanno alle scuderie, che poi pagano i piloti. 

I ricavi delle scuderie NASCAR

La NASCAR è solitamente molto attenta a non divulgare i salari dei protagonisti, ma quello che si sa è che i contratti hanno diversi bonus che premiano i piazzamenti, le vittorie e la posizione finale nella Cup Series. Del resto, anche il contratto televisivo della competizione è pazzesco. Nel 2014 è stato firmato un contratto decennale del valore di 8,2 miliardi di dollari.

Di questi soldi il 25% va alle squadre, il 10% alla NASCAR e il 65% ai circuiti, che comunque sono per la maggior parte di proprietà della NASCAR stessa. 

I team a loro volta basano la maggior parte dei loro introiti sugli sponsor, che al momento generano oltre il 60% degli ingressi, una percentuale altissima se paragonata a quella di altri sport.
 

Differenze tra NASCAR e F1

Visti gli ingredienti, ovvero motori, velocità e spettacolo, un quesito viene quasi automatico: perchè la Ferrari, ormai non più favorita per le scommesse F1, non partecipa con le sue vetture di serie ai campionati NASCAR? Principalmente perchè la Scuderia, sin dagli anni Cinquanta, si è concentrata di più sugli eventi principalmente europei, come erano i primi. campionati del mondo di Formula 1 o gare come la 24 di Le Mans.

Tra le altre ragioni di questa decisione ci sono anche le caratteristiche tecniche della serie, che richiede parecchio grip, non esattamente il punto forte delle Rosse, almeno nelle automobili da strada.

E poi, rispetto alla Formula 1, la NASCAR è più pericolosa. I piloti morti solo nelle gare della Cup Series sono 29, a cui vanno aggiunti anche gli 8 che sono morti negli anni in cui la 500 miglia di Indianapolis, che si svolge su un ovale, faceva parte del campionato di F1. Dunque, a Maranello preferiscono concentrarsi sulla Formula 1, rendendo un approdo alla NASCAR perlomeno improbabile.

Clark, Raikkonen e gli altri piloti protagonisti

L’assenza della Ferrari non ha comunque impedito ad alcuni piloti di Formula 1 di provare a scendere in pista (anzi, nell’ovale) in alcune gare del campionato NASCAR.

Basterebbe pensare che il primo è stato un due volte campione del mondo, Jim Clark, che dopo aver ottenuto la corona iridata nel 1963 e nel 1965 ha provato l’ebbrezza di una gara del circuito nel 1967, pochi mesi prima della sua tragica morte nell’aprile 1968.

Di recente è anche toccato ad altri due campioni del mondo mettersi al volante di una vettura NASCAR. Nella stagione 2022 Kimi Raikkonen, protagonista con il suo titolo di una tra le migliori stagioni della Ferrari in F1, ha partecipato al Go Bowling at The Glen, non riuscendo a terminare la corsa e piazzandosi 37esimo su 39 piloti in gara.

Kimi Raikkonen impegnato nella Nascar

È andata meglio a un altro iridato, Jacques Villeneuve. Il canadese ha corso la Daytona 500, piazzandosi ventiduesimo.

L’ex pilota di Formula 1 che ha avuto la carriera migliore negli USA è però certamente Juan Pablo Montoya, che dopo l’esperienza nel Circus ha preso parte a parecchie stagioni della Cup Series, ottenendo anche due vittorie in NASCAR, una nel 2007 e l’altra nel 2010, raggiungendo un lusinghiero ottavo posto nella classifica generale nella stagione 2009 alla guida di una Chevrolet.

A dimostrazione che in fondo si può anche pensare a una transizione vincente…

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.