Per i suoi sostenitori è Lucianone, un genio del mercato che è stato in grado come pochi in Italia di padroneggiare le trattative e scovare campioni.

Per i suoi detrattori è “il Capostazione”, soprannome non proprio amichevole che gli hanno dato negli anni Settanta quando girava lo stivale in treno alla ricerca di giovani nei campetti di periferia, l’uomo che tra scandali, intercettazioni, sentenze e annullamenti ha simboleggiato un calcio intriso di sospetti.

Quello che è certo è che Luciano Moggi, classe 1937, non ha mai lasciato indifferente nessuno. E un’altra cosa da sottolineare è che, se ci si limita strettamente all’elenco degli affari portati a termine e al palmares, è davvero difficile sostenere che l’ex DS di Juventus, Torino, Roma, Lazio e Napoli non sapesse fare il suo lavoro.

Moggi inizia come collaboratore di Italo Allodi

La carriera di Moggi comincia a inizio anni Settanta, quando diventa collaboratore di Italo Allodi, storico direttore sportivo dell’Inter di Angelo Moratti ed Helenio Herrera, poi passato alla Juventus. Il fiuto da cacciatore di talenti dell’allora osservatore è subito evidente.

Ai bianconeri vengono segnalati quattro calciatori che faranno la fortuna della Signora e della nazionale italiana negli anni a venire: Paolo Rossi, scovato ancora sedicenne nella Virtus Cattolica, Claudio Gentile, all’epoca al Varese, Franco Causio (della Sambenedettese) e Gaetano Scirea, già attenzionato ai tempi della Primavera dell’Atalanta e poi portato in bianconero nel 1974.

Luciano Moggi tra Roma e Torino

Quando Allodi accetta un incarico federale e Giampiero Boniperti prende il comando, Moggi lascia la Juventus e diventa consigliere di mercato della Roma, all’epoca guidata da Gaetano Anzalone.

La prima esperienza in giallorosso non dura moltissimo e termina per decisione del neo-presidente Dino Viola nel 1979, ma Moggi fa comunque in tempo a lasciare un segno anche in quella Roma che vincerà lo scudetto e sfiorerà la Coppa dei Campioni: il suo primo colpo per i capitolini si chiama Roberto Pruzzo, quello che per i romanisti è solamente “il bomber”.

Dopo la rottura con Viola, Moggi resta a Roma, ma dall’altro lato del Tevere. Lo assume la Lazio di Umberto Lenzini, che però è appena terminata in Serie B e che tempo qualche mese vede l’addio del presidente, sostituito prima da suo fratello Aldo e poi da Gian Casoni.

Il biennio in biancoceleste termina con la Lazio ancora tra i cadetti, ma con il ritorno di Vincenzo D’amico, che dopo essere stato ceduto al Torino in seguito alla retrocessione accetta di tornare a Roma pur giocando la B.

A proposito di Torino, nel 1982 Moggi torna in città, ma anche stavolta saltando la barricata. Fino al 1987 è infatti il direttore generale del Toro, un periodo segnato da alti e bassi, ma comunque da arrivi importanti in granata come quello del brasiliano Junior nel 1984 e di Fabrizio Lorieri nel 1986.

Leo Junior al Toro!

Moggi e il Napoli

Al termine della stagione 1986/87, Moggi diventa general manager del Napoli fresco campione d’Italia e si trova a gestire, oltre al mercato dei partenopei, anche un certo Diego Armando Maradona. È un periodo molto positivo dal punto di vista dei trofei, con la squadra che vince uno scudetto, una Supercoppa Italiana e la Coppa UEFA.

Complice l’appeal del Pibe de Oro, il dirigente toscano riesce a portare al San Paolo altri giocatori di altissimo livello, come il brasiliano Alemão (acquistato nel 1988 per 4,5 miliardi di lire) o un giovanissimo Gianfranco Zola (scovato nella Torres e pagato 2 miliardi nel 1989), entrambi parte della squadra che nel 1990 si aggiudica il secondo scudetto della storia del club.

Nel 1991, quasi in concomitanza con la squalifica di Maradona per doping, Moggi rompe con Ferlaino e torna al Torino, dove in un anno e mezzo aiuta la squadra a vincere una Coppa Italia e a sfiorare la vittoria della Coppa UEFA, portando in Italia Vincenzo Scifo.

Nel 1993 torna di nuovo alla Roma, ma quando Franco Sensi diventa l’unico proprietario dei giallorossi, Moggi lascia Trigoria e si accasa per la seconda volta alla Juventus.

La Triade Moggi, Bettega e Giraudo

È la nascita della Triade, quella composta da Moggi, Roberto Bettega e Antonio Giraudo, il nuovo corso bianconero al termine dell’era Boniperti che in dodici anni porterà alla Juventus per le quote Serie A cinque scudetti (più uno revocato), una Champions League, una Coppa Italia, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa UEFA, quattro Supercoppe italiane e una Coppa Intertoto, più altre tre finali di Champions perse.

La domenica di Bari

E Moggi è grande protagonista sul mercato, mettendo a segno una serie di colpi clamorosi. Nel 1994 arrivano Paulo Sousa (strappato proprio alla Roma), Didier Deschamps, Ciro Ferrara e Alessio Tacchinardi, a cui nel 1995 si aggiungono Vladimir Jugovic, Gianluca Pessotto e Pietro Vierchowod, tutti protagonisti della stagione in cui la Juventus vince la sua seconda Champions League in finale con l’Ajax.

L'affare Vieri

Dopo il trionfo europeo Moggi porta in bianconero Paolo Montero, Alen Boksic, Christian Vieri, ma soprattutto Zinedine Zidane, pagato 7,5 miliardi di lire e che sarà rivenduto per una cifra venti volte maggiore.

Nell’estate 1997 arriva Filippo Inzaghi e in autunno diventa bianconero anche Edgar Davids, mentre nel 1998 c’è forse l’unico errore di quel periodo: la Juventus acquista Thierry Henry, che però in Italia non riesce a mostrare tutto il suo valore e che dopo meno di due anni viene ceduto all’Arsenal.

Nel 1999 Moggi dà il benvenuto a Gianluca Zambrotta, altra futura leggenda bianconera e nel 2000 porta alla Juventus David Trezeguet, fresco giustiziere dell’Italia a Euro 2000.

Nel 2001, complice la cessione di Zidane al Real Madrid per 150 miliardi, Moggi ne approfitta per rifare l’ossatura della squadra. In bianconero approdano Gianluigi Buffon (105 miliardi), Lilian Thuram (70 miliardi) e Pavel Nedved (70 miliardi), tutti destinati a scrivere pagine di storia incredibili con la maglia della Juventus.

Nel 2002 i volti nuovi sono quelli di Marco Di Vaio e Mauro German Camoranesi (pagato un totale di 8,5 milioni di euro) mentre il 2004 vede gli acquisti di Emerson e Zebina dalla Roma, di Fabio Cannavaro, Adrian Mutu, ma soprattutto di Zlatan Ibrahimovic.

La stagione 2005/06 è l’ultima di Moggi da general manager della Juventus e prima di essere travolto dallo scandalo Calciopoli, con tanto di retrocessione d’ufficio, il dirigente bianconero porta a Torino Patrick Vieira.

Gli striscioni pro Moggi della tifoseria juventina

Poi arrivano i tribunali, con la giustizia sportiva che lo radia e quella ordinaria che invece annulla la sentenza che parlava di associazione a delinquere. Ma questo è materiale per altri approfondimenti.

Se invece si parla del Luciano Moggi uomo di mercato, i nomi e i trofei parlano decisamente da soli…

*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.

Francesco vive di sport, di storia e di storie di sport. Dai Giochi Olimpici antichi a quelli moderni, dalle corse dei carri a Bisanzio all'Olanda di Cruijff, se c'è competizione o si tiene un punteggio, lui si appassiona sempre e spesso e volentieri ne scrive.