Dall’avvento del girone unico in poi, Juventus e Parma non si erano mai incontrate in incontri ufficiali prima del 1990. Mentre, infatti, i bianconeri hanno sempre rappresentato la nobiltà della Serie A, gli emiliani hanno vissuto gran parte della loro storia tra il campionato cadetto e la Serie C, con qualche stagione anche in D.

Nel 1989-90, però, il giovane Parma dell’emergente tecnico Nevio Scala conquistò la prima promozione nel massimo campionato della sua storia: arrivarono così, per la giovane provinciale, i confronti con le big del calcio italiano, in primis quello contro la Juventus. 

Il Parma di Scala sorprese l’Italia intera per il suo modo di giocare e per i talenti che schierava in campo, ottenendo da subito risultati di rilievo: la sua prima stagione in Serie A, infatti, si concluse con un lusinghiero quinto posto finale e la conseguente qualificazione alla Coppa Uefa.

Ma il vero capolavoro, il Parma lo compì nella stagione successiva, quando conquistò la Coppa Italia, sconfiggendo nella doppia finale la Juventus di Trapattoni, rimontando tra le mura amiche del Tardini la sconfitta subita per 1-0 all’andata.

Abbiamo intervistato per 888sport.it in esclusiva uno dei simboli di quel Parma, colui che dai tifosi è stato ribattezzato come il Sindaco, il fantasista Marco Osio, per parlare con lui di quella magnifica squadra.

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Com'era il Parma di quegli anni, che per la prima volta si affacciò alla Serie A?
"Era un Parma molto giovane, sbarazzino, pieno di giovani promesse. Lo stile del club in quegli anni era prendere in prestito giovani talenti dalle grandi per farli esplodere. Eravamo davvero una bella squadra!" 

La Coppa Italia: che ricordi hai di quella cavalcata, del cammino fino alla finale?
"Al primo turno eliminammo il Palermo, poi la Fiorentina e le due genovesi, il Genoa ai quarti e la Sampdoria in semifinale. Contro i rossoblù, in particolare, abbiamo stravinto con un 4-1 complessivo tra andata e ritorno.

C'è un episodio nella semifinale contro i blucerchiati che dice molto della nostra squadra: Melli, ai supplementari, ha trasformato il calcio di rigore che, di fatto, ci ha portato in finale, calciandolo a cucchiaio. Era la dimostrazione della sicurezza della nostra squadra, di quanto fossimo consapevoli del livello del nostro gioco e delle nostre potenzialità".    

Nevio Scala: che allenatore era?
"Un tecnico esigente, tra noi lo chiamavamo il sergente di ferro, anche se in fondo non era così duro. Pretendeva molto dalla squadra. Lui ha avuto la fortuna di trovarsi a disposizione un gruppo fantastico; noi, di essere allenati da un tecnico che, all'epoca, era considerato un innovatore, che ha portato un calcio diverso.

Ha trovato un equilibrio tattico determinante per i nostri successi, con la difesa a tre (o a cinque) e i due esterni, Benarrivo e Di Chiara, che salivano fino a diventare, di fatto, degli attaccanti. Insomma, è stato un connubio vincente, tra lui e la squadra".

Osio-Melli: da dove nasce quell'intesa?

"L'intesa con Sandro c'era anche fuori dal campo, come c'è tutt'ora. È un amico vero, ci sentiamo spesso e questo rapporto è nato proprio in mezzo al campo. Lui ha sfruttato molto i miei assist, infatti gli ricordo spesso che ha segnato molte reti solamente nelle stagioni in cui ha giocato insieme a me.

Ci capivamo al volo: io conoscevo i suoi movimenti e lui sapeva che gli avrei messo il pallone dove lui voleva. Per questo ci siamo trovati molto bene".

 

Sandro Melli, attaccante principe del Parma!

La doppia finale: dopo la sconfitta dell'andata, ci credevate? Com'era il morale?
"Dopo la sconfitta a Torino, ci credevamo molto perché eravamo veramente forti, prima di tutto come gruppo, coscienti di non aver completato l'opera. Sapevamo di dover fare ancora novanta minuti alla grande per portare a casa, meritatamente, quella coppa, consci di essere superiori alla Juventus. E, in quel periodo, lo eravamo davvero". 

Il gol e la vittoria: ricordi?
"Un'esplosione di gioia! Il 2-0 ci permetteva di alzare la coppa al cielo, il primo trofeo, il primo storico traguardo (a parte la vittoria del campionato in Serie B): quella Coppa Italia, per il Parma, significava davvero entrare tra le grandi del calcio italiano. Con noi ha esultato tutta la città, ma credo che quella sera gran parte del pubblico italiano ha tifato e gioito con noi, perché eravamo davvero una squadra simpatica, come si diceva in quegli anni. Simpatica e vincente".

Condividi che da quella vittoria è nato il grande Parma, sempre tra le favorite per le scommesse serie A?
"Sì. Da quella vittoria è iniziato un crescendo di successi, con la Parmalat e la famiglia Tanzi che hanno fatto grossi investimenti per raggiungere il massimo traguardo. Il Parma non è arrivato allo scudetto, ci è andato molto vicino, ma è stato comunque ad altissimi livelli, in Italia e in Europa. Con quella squadra, siamo entrati nella storia".

Cosa rivedi nel Parma di oggi della squadra di allora?
"Rivedo ben poco, sinceramente. Le gestioni societarie sono molto diverse e anche i tempi sono molto cambiati: basti pensare che noi ci allenavamo in Cittadella, il parco cittadino, in mezzo alla gente, mentre ora ci sono i centri sportivi della società.

A mio parere, fino agli anni '90 una squadra che programmava e lavorava bene per vincere il campionato, poteva riuscirci, come dimostrano Verona, Napoli e Sampdoria. Avrebbe potuto vincerlo anche il Parma. Ora il calcio è cambiato e una provinciale farà sempre più fatica a lottare per il vertice o, addirittura, vincere il campionato".

Il Parma, appunto, è quotato @1001 sulle nostre scommesse calcio per la vittoria della Serie A, al nono posto della graduatoria virtuale insieme a Bologna, Fiorentina, Sassuolo e Torino.

Cosa serve al Parma per tornare grande?
"Il Parma è grande così com'è: sta facendo campionati strepitosi, con un budget inferiore a molte altre squadre. Quest'anno sta disputando un ottimo campionato. L'obiettivo di questa società dev'essere mantenere la categoria e, gradualmente, cercare di arrivare al sesto posto che le consentirebbe di qualificarsi all'Europa League: quel risultato sarebbe l'equivalente della vittoria di uno scudetto per le scommesse sportive.

Comunque, la squadra è sulla buona squadra: non bisogna fare voli pindarici, ma mantenersi sempre nella fascia tra il sesto e il dodicesimo posto e, nell'anno giusto, tentare di andare in Europa".

*La foto di apertura dell'articolo è di Luca Bruno (AP Photo); la seconda di Domenco Stinellis (AP Photo).

 

Scrittore e giornalista freelance, collabora regolarmente con il Corriere della Sera, con La Gazzetta dello Sport, con Extra Time, Rivista Undici, Guerin Sportivo e con varie testate internazionali come Four Four Two, Panenka e Tribal Football. Scrive per B-Magazine, la rivista ufficiale della Lega Serie B.